Gabinetto delle Stampe
L’avvio della raccolta di stampe (oltre 14.000 immagini) risale agli inizi del 1900, quando Loria, incaricato di realizzare la Mostra del 1911, decide di allestire per l’occasione una sezione di iconografia popolare. Per raccogliere e ordinare il materiale grafico da esporre, si avvale della collaborazione di Francesco Novati (Cremona 1859 – San Remo 1915) e Achille Bertarelli (Milano 1863 – Roma 1938), noto collezionista di stampe.
I due esperti formulano un criterio di classificazione che suddivideva le stampe in quattro sezioni rispondenti ad una ripartizione tematica per soggetti: I La Divinità, II Il Mondo e le creature, III L’Uomo, IV L’Aldilà. Il Ciclo dei Novissimi. Questo piano analitico così elaborato, in seguito ripreso ed in parte ampliato durante i lavori di organizzazione di tutto il materiale al momento dell’apertura del Museo nel 1956, risulta tuttora in vigore come strumento di consultazione e di studio. La raccolta grafica, cronologicamente inquadrabile tra la fine del XVIII secolo e i nostri giorni, è composta di varii nuclei menzionati nel Catalogo Stampe relativamente alla provenienza e alla data di entrata in Museo: “Vecchia Raccolta” (1908); Rac. S. Di Giacomo (1910); Stampe Calcografia Nazionale (1959 e 1966); Stampe A. Rossi (1963); Stampe F. Geitner (1964); Stampe Gorini (1967 e 1970).
I temi delle stampe si ricollegano alla realtà della cultura popolare ampiamente documentata nell’esposizione museale. I soggetti si riferiscono alla tematica sacra – con raffigurazione di episodi del Vecchio e Nuovo Testamento, di Cristo, della Madonna e dei Santi – e ad altre tematiche con immagini di feste, di giochi, di costumi, di mestieri e di proverbi e immagini che illustrano, mediante la vivacità delle scene, il modo di vivere della gente comune.
Nell’Esposizione del 1911 il materiale grafico aveva, per la prima volta, la sua affermazione pubblica, assumendo l’importante funzione di documentare e raccontare attraverso il solo sussidio delle incisioni e della stampa, come scrissero i due studiosi nella premessa al catalogo la “vita” interiore come esteriore del popolo italiano, quale s’è svolta per un periodo di tempo quattro volte secolare …”. Rappresentare cioè tale realtà culturale e plurisecolare, quale era stata fino agli inizi del secolo scorso, quando, mutate le condizioni sociali e culturali, le immagini a stampa subivano una trasformazione nel gusto anche per effetto dei nuovi mezzi tecnici di riproduzione.
Rispetto ai secoli precedenti due fattori rimanevano invariati: la tipologia dei soggetti e del mercato. Il contenuto concettuale di “stampa popolare” tuttavia non significa che il materiale grafico sia stato realizzato dal popolo per il popolo, con tecniche di esecuzione mediocri, ma che esso era di “gusto popolare” anche se ottenuto con tecniche avanzate e sofisticate da tipografi, calcografi e litografi di rilievo, i quali si dedicarono alla produzione di questi fogli rimanendo però in un orizzonte che non era il proprio, ma estremamente popolare per definizione. In altri termini era il volgo, cui il materiale era destinato, che influenzava la qualità ed il gusto della produzione e non, viceversa, il suo autore o esecutore. Fino ad allora questo genere aveva avuto scarsa importanza nel panorama culturale, mentre era diffuso sul mercato attraverso l’opera infaticabile di venditori per via, i quali svolgevano il difficile mestiere di ambulante, costretti come erano a migrare continuamente da paese a paese fino a raggiungere i luoghi più remoti. Nelle città invece la vendita e la distribuzione di questo materiale divulgativo era regolamentata da botteghe specializzate.
La comparsa in occidente della xilografia, già conosciuta in oriente dai popoli antichi (Cinesi) ed introdotta in Europa verso il XIII secolo (le prime incisioni su legno furono eseguite per le impressioni di stoffe ), determinò una rivoluzione creando una trasformazione socioculturale. Le stampe xilografate si diffusero tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo in modo sempre più rapido fra le principali città europee. La scoperta risultò un fatto innovativo di notevole importanza per la diffusione di temi cari alla cultura popolare, poiché operò un cambiamento fondamentale riguardo alle fonti di conoscenza del popolo, rappresentate non più dalle canzoni o storie narrate dai giullari e dalle pitture sulle pareti delle chiese e dei palazzi, ma dal prodotto grafico ormai alla portata di tutti e così i vecchi motivi (gli episodi sacri o eroici, gli aspetti più svariati della vita spirituale e materiale dell’uomo, gli influssi celesti, le stagioni, le virtù, i vizi, i mestieri ecc.) entrarono nelle case che se ne adornarono e il materiale fu esposto nelle botteghe anche in quelle più umili.
Con il tempo, pur cambiando il sistema di riproduzione, attraverso l’impiego di tecniche più elaborate, i repertori espressi in forma artistica semplice rimasero immutati e rispondenti alle preferenze di un’ambiente meno evoluto e così motivi e soggetti, cari alla fantasia popolare, vennero a lungo ripetuti. Artisticamente le incisioni del ‘500 non erano inferiori alle produzioni delle arti più raffinate, ma già nel ‘600 e ‘700 questo genere mostrava segni di decadenza, frequentemente infatti le incisioni in legno o in rame più antiche venivano riprodotte e modificate in forme più rozze, poco curate e i temi tradizionali restavano gli stessi, arricchiti solo di rado di qualche nuovo elemento. Nell’ ‘800 le inclinazioni in senso artistico del popolo cominciarono sensibilmente a cambiare per effetto della evoluzione sociale in atto, dovuta ai contatti con la città e per l’ impiego di un nuovo mezzo tecnico usato per stampare, la litografia, mezzo che sostituiva quasi integralmente le tecniche incisorie in funzione in epoca precedente, abbatteva ulteriormente i costi e rendeva sempre più rapida e facile la riproduzione della soggettistica.
Responsabile: Anna Sicurezza
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