Francesco De Melis, Con le voci di quella notte
Il film “Fortunale” narra la spaventosa tempesta adriatica del 1935, attraverso la memoria storica dei marinai sopravvissuti. Un tuffo nella memoria come bene immateriale e nella letterarietà del flusso orale, in un dialetto arcaico e marinaro.
“Undici corpi risucchiati dal vento e inghiottiti dal mare, quasi tutti ragazzi, due di quindici anni, due di diciassette, uno di diciannove, uno di venti, uno di ventitré… – così racconta Francesco De Melis a proposito del suo film che commemora il “Fortunale” di Porto San Giorgio. “Questo fato da ‘novelli innocenti’ – continua l’autore – vibra nella metafora della fine del mondo con cui i pescatori di quel tratto di costa hanno sempre definito la tempesta del trentacinque. Per rievocare quella notte, invece di dare voce a un film, ho dato un film alla voce. Alla voce di chi fu travolto a bordo dalla bufera ed è riuscito a salvarsi per miracolo. E alla voce di quelli che trepidarono da terra e vagarono all’alba in cerca del padre o dei fratelli dispersi in marina.
Le voci di questi sopravvissuti sono sopravvissute anch’esse perché io da ragazzo le ho registrate. In un lessico che risaliva alla civiltà del vento, all’orizzonte incerto delle vele al terzo, dei barchetti e dei trabaccoli, delle paranze e delle lancette. Il film della voce, sia pure senza corpo, perché la voce è già corpo, è già carne. E il corpo si sente anche se non si vede. La voce lo incarna, lo reincarna. C’è qualcosa di mistico in questa via negationis che fa sentire il corpo senza darne conto. Perché questi sopravvissuti, che sopravvissero a quella fine del mondo, sono sopravvissuti alla loro stessa scomparsa, grazie all’impalpabile sostanza della voce”.