Il Paseo de las Ánimas di Mérida
Pubblicato il terzo volume di Visioni d’Archivio con una documentazione fotografica di Massimo Cutrupi.
È stato pubblicato il terzo quaderno della collana “Visioni d’Archivio”, la rivista semestrale di antropologia visiva dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale che alterna un volume annuale dedicato a documentazioni d’archivio a reportage fotografici contemporanei.
Dopo il primo numero, dedicato alla Festa di Sant’Antuono Abbate e le Battuglie di Pastellessa di Macerata Campania con foto di Roberto Galasso, e il volume dedicato al terremoto irpino del 1981 con foto di Patrizia Ciambelli, Luciano Blasco e Paolo Revelli Beaumont, sono le immagini del Paseo de las Ánimas di Mérida raccolte in Messico da Massimo Cutrupi, fotografo dell’Istituto, a costituire questo nuovo volume.
L’idea di documentare il Paseo de las Ánimas – spiega il prof. Leandro Ventura, direttore dell’ICPI – fa parte delle relazioni di scambio culturale dell’Istituto con altri soggetti istituzionali a livello internazionale. Tra le funzioni dell’ICPI infatti vi è quella di valorizzare il patrimonio culturale immateriale italiano all’estero attraverso progetti realizzati in sinergia con altre istituzioni internazionali: è questo il caso di “Racconti invisibili”, progetto espositivo itinerante che diffonde elementi del patrimonio immateriale italiano come la musica, il canto, la danza, il gioco, la cultura alimentare, le pratiche devozionali e festive, con una particolare focalizzazione sulle feste della Rete delle grandi macchine a spalla dichiarate dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, in un originale connubio di documentazione audio visiva e fotografica e il coinvolgimento di importanti artisti contemporanei. La mostra, in corso da oltre due anni, segue due itinerari: uno balcanico e uno in America Latina. Proprio in occasione della tappa messicana, la fortunata coincidenza di date ha consentito di documentare gli eventi organizzati a Mérida in occasione delle giornate dedicate al culto dei morti, un importante elemento della cultura messicana iscritto dall’UNESCO nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale.
Lontano dai canoni scientifici della documentazione etnografica – spiega la curatrice del volume Stefania Baldinotti – i nostri strumenti di ripresa si sono immersi nel silenzioso fiume del Paseo, la processione di anime, che origina dalle pietre tombali del Cimitero di Mérida e, attraversando la città, oltrepassa anche il tempo e lo spazio lasciando dietro di sé una scia di fiori, di ricordi, di consolazione. Uomini, donne, bambine e bambini, fino a pochi minuti prima solari, sorridenti e più vivi della vita, con l’aiuto del trucco e del travestimento creato dall’esperienza e dall’abilità di mani che da anni perfezionano e trasmettono una pratica che merita da sola un approfondimento etnografico, calati perfettamente nel ruolo di chi ritorna dall’aldilà, spengono i sorrisi, l’eccitazione e l’allegria che li hanno accompagnati da giorni, durante le fasi preparatorie del Paseo, per trasformarsi in algidi fantasmi dallo sguardo fisso che marciano silenziosi per tornare alle loro case, richiamati dalle ofrendas – allestimenti devozionali trasversali tra il design, la street art e il feticismo – preparati da chi è rimasto, da chi aspetta ogni anno, coltivando la memoria ed esprimendo il dolore dell’assenza con l’esposizione accurata ed iperdecorata di cibi prelibati, di gustose bevande e tabacchi speciali e nelle ofrendas più struggenti di giocattoli colorati e piccole vesti mai indossate.
La sintesi tra i comportamenti e il valore espressivo della materia è alla base del lavoro realizzato a Mérida in occasione del Paseo de las Ánimas – spiega Massimo Cutrupi – dove una folla di persone si riversa nelle strade a tutte le ore del giorno e della notte. Donne, uomini e bambini di tutte le età hanno i volti dipinti ad arte per assomigliare a teschi e, imitando la Calavera Catrina, indossano abiti fantasiosi: gli atteggiamenti e le posture rituali si uniscono ai colori del trucco e delle luci, ai tessuti e ai cappelli sontuosi, che sono parte integrante dell’evento festivo ed è la sintesi, nell’atto fotografico, di questa unione che produce delle vere e proprie “pose in movimento” in un gioco attivo tipico del linguaggio visivo della festa.
MASSIMO CUTRUPI
Fotografo professionista, si occupa prevalentemente di
fotografia umanista, antropologica e di documentazione
in ambito sociale. Per cinque anni viaggia lungo le coste
italiane per una catalogazione archeologica dei porti e
degli approdi nell’antichità. Ha collaborato con molte
testate nazionali tra cui il settimanale “Avvenimenti”. È
stato operatore e docente di fotografia in molti progetti
con finalità di recupero e reinserimento sociale.
Laureato al D.A.M.S. di Bologna con una tesi in Storia
della Fotografia, dopo alcuni anni d’insegnamento
nelle Scuole Superiori Statali e nelle Scuole d’Arte e dei
Mestieri del Comune di Roma, la sua attività si è concentrata
nell’ambito della ricerca storica e della metodologia
della critica fotografica. Attualmente lavora
presso l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale
dove si occupa di archiviazione, conservazione e valorizzazione
di Fondi fotografici. Liberi d’immaginare è il
suo ultimo libro edito da Etabeta.